Editoriale
Verso una “decrescita felice”?
JAMD 2018;21(1):4-
Articoli originali
Sempre più diabetici anziani: verso la deprescrizione basata sulle prove?
JAMD 2018;21(1):5-13
Il numero di anziani, in particolare diabetici,in politerapia farmacologica è sempre più elevato, tuttavia i farmaci hanno spesso effetti indesiderati e interazioni negative e mancano prove sufficienti per perseguire obiettivi glicemici stretti. Una deprescrizione strutturata è auspicata da molti, tuttavia è poco praticata, perché spesso mancano, in medici e pazienti,la coscienza del problema e informazioni adeguate su rischi e benefici. Esistono prove sufficienti per condurre questo processo in modo ragionevole. L’obiettivo di compenso per i soggetti anziani può essere una HbA1c fra 7.5 e 9%, da modulare in relazione all’età, alla durata del diabete, al decadimento cognitivo, alle patologie concomitanti, al tipo ed al numero di farmaci antidiabetici utilizzati, al supporto familiare. Componenti imprescindibili del processo di deprescrizione sono l’accurata disamina di tutti i farmaci, del loro significato terapeutico e dei possibili effetti indesiderati, una chiara e puntuale informazione ed educazione e la condivisione della decisione con il paziente, sulla base delle sue aspirazioni e della sua qualità di vita.
PAROLE CHIAVE Decisione clinica, Diabete mellito, Complicanze del diabete, Medicina basata sulle prove, Sovraprescrizione.
La prescrizione dei farmaci nella multimorbilità: quando è troppo?
JAMD 2018;21(1):14-20
Il paziente con multimorbilità, essendo spesso in terapia con molti farmaci, è esposto ad un aumentato rischio di reazioni avverse a farmaci (ADR), che, a loro volta, si associano al rischio di importanti outcome negativi quali: accessi in pronto soccorso, ospedalizzazioni, morbilità e mortalità. Infatti, la politerapia rappresenta il primo fattore di rischio di reazioni avverse a farmaci nella popolazione anziana. Circa l’80% delle ADR sono potenzialmente prevedibili e quindi evitabili. I principali fattori predittivi di inappropriatezza prescrittiva sono l’età, le comorbilità e la politerapia e, quindi, il paziente anziano è ad alto rischio di prescrizioni inappropriate. In letteratura sono descritti diversi criteri per poter identificare e valutare l’inappropriatezza prescrittiva nella popolazione anziana; quelli più utilizzati a livello internazionale sono i criteri di Beers e i criteri STOPP e START.
I numerosi dati riguardanti gli effetti negativi della politerapia, supportano indirettamente la necessità di dover ridurre il numero di prescrizioni nel paziente con multimorbilità. A tal proposito, alcuni autori propongono una guida alla deprescrizione ed in tale ambito l’applicazione dei criteri suddetti rappresenta una componente fondamentale.
Recentemente sono stati pubblicati degli algoritmi per facilitare il processo di deprescrizione e sono disponibili alcune prime indicazioni per farmaci e situazioni specifiche: questo può essere l’inizio di un percorso che porterà le Linee Guida ad inserire nelle loro indicazioni anche dei principi di deprescrizione.
In conclusione, è importante che si sviluppi un atteggiamento pro-attivo alla deprescrizione ed all’uso dei farmaci appropriati, con l’obiettivo di ridurre il rischio clinico per i nostri pazienti.
PAROLE CHIAVE Patologie croniche, Multimorbilità, Assistenza primaria, Medico di medicina generale, Deprescrizione.
Aderenza terapeutica in pazienti ambulatoriali con DM tipo 2: l’esperienza dell’Alto Friuli
JAMD 2018;21(1):21-26
L’aderenza alla terapia ipoglicemizzante gioca un ruolo fondamentale per raggiungere un adeguato compenso metabolico. Scopo dello studio è stato quello di valutare il livello di aderenza terapeutica nei pazienti afferenti all’ambulatorio di diabetologia dell’alto Friuli e di tracciare il profilo di paziente più a rischio di bassa aderenza. Sono stati raccolti dati socio-demografici e clinici di 150 pazienti consecutivi afferenti all’ambulatorio diabetologico di Tolmezzo nell’anno 2017. I paziente inclusi dovevano rispondere ai seguenti requisiti: affetti da DM tipo 2, non in terapia insulinica intensiva, autosufficienti, non affetti da problemi cognitivi/depressione/ansia, non modifica della terapia ipoglicemizzante all’controllo precedente. L’aderenza terapeutica è stata valutata mediante questionario di Morisky a 8 variabili suddividendo la popolazione in aderenti e non aderenti alla terapia. L’aderenza all’autocontrollo strutturato è stata valutata in base allo scarico dei dati relativi all’autocontrollo degli ultimi 3 mesi. Per verificare quali fossero i fattori associati a non aderenza terapeutica è stata eseguita un’analisi di regressione logistica multivariata. Il 53,2% dei pazienti erano maschi, l’età media della popolazione era di 65,3+14,2 anni. Solo il 50,7% dei pazienti è risultato aderente alla terapia. I pazienti non aderenti presentavano valori di HbA1c più elevati (p=0,0046) ma non una maggior frequenza di complicanze. Fattori indipendentemente associati a non aderenza terapeutica sono risultati essere il sesso maschile (p 0.0136), la solitudine a domicilio (p 0,051) la politerapia (p 0,006) ed il lavoro attivo (p 0.038). L’autocontrollo strutturato, se eseguito, è risultato essere associato ad un minor rischio di non aderenza terapeutica (p = 0,0001). La scarsa aderenza terapeutica rappresenta un problema importante per i pazienti afferenti al nostro ambulatorio ed andrebbe pertanto sempre valutata. Gli uomini, le persone sole, chi assume più di 5 cp/die e chi ha un lavoro attivo rappresentano i soggetti più a rischio sui quali va focalizzata l’attenzione.
PAROLE CHIAVE Aderenza terapeutica, Diabete tipo 2, Polifarmacoterapia, Fattori di rischio.
Punto di vista
Riflessioni sull’aderenza terapeutica
JAMD 2018;21(1):27-29
Esperienze in diabetologia clinica
Proposta di procedura per l’educazione del paziente utilizzatore di Flash Glucose Monitoring
JAMD 2018;21(1):30-35
INTRODUZIONE In base alla Delibera n° 829 del 30/08/2016 della Regione Toscana il sistema di monitoraggio glicemico Flash è stato reso prescrivibile per tutte le persone con diabete mellito tipo 1 (T1DM), per le donne con diabete pregravidico e per quelle in programmazione gravidanza, e per alcune categorie di pazienti con diabete di tipo 2 (T2DM). Pertanto, era prevedibile un netto aumento dei pazienti che avrebbero richiesto accesso a questa tecnologia innovativa per il monitoraggio continuo della glicemia.
OBIETTIVO Il nostro obiettivo è stato quello di pianificare l’accesso dei pazienti per la prescrizione e l’educazione alla corretta gestione del FGM attraverso un percorso tracciabile, individuando spazi e personale dedicato.
MATERIALI E METODI Presso la nostra UOC di Diabetologia a Livorno abbiamo elaborato una nuova procedura ambulatoriale specifica per l’educazione del paziente all’utilizzo del FGM, che è stata condivisa tra tutte le figure professionali coinvolte. Tale procedura è composta da due check-list nella cui esecuzione vengono riscontrati tutti i passaggi educativi necessari. Il percorso educativo si compone di almeno due sedute nell’ambito dell’ambulatorio dedicato al Diabete tipo 1. Al termine del periodo di prova del sistema di monitoraggio glicemico il paziente ritorna per effettuare lo scarico dei dati su PC e discutere dei risultati con il medico diabetologo, al fine di stabilire l’eventuale prescrizione.
RISULTATI La nuova procedura introdotta ha permesso da un lato di garantire un’educazione completa e standardizzata, in step progressivi, dall’altro di ottimizzare il numero di prescrizioni effettuate e di migliorare l’utilizzo di questa nuova teconologia innovativa fornita dalla RT ai nostri pazienti insulinotrattati. Tuttavia resta una procedura da implementare, soprattutto relativamente all’utilizzo delle funzioni avanzate di tale sistema e alla mancanza di indicazioni cliniche condivise per l’interpretazione dei dati provenienti dal FGM per la presa di decisioni terapeutiche sulla gestione della terapia insulinica.
CONCLUSIONI Tale esperienza ha confermato il ruolo dell’educazione terapeutica nella corretta gestione delle nuove tecnologie fruibili in ambito diabetologico. Si rendono necessarie raccomandazioni emesse dalle società scientifiche di riferimento comprensive di ipotesi di algoritmi da fornire ai pazienti per la gestione della terapia insulinica sulla base dei dati provenienti dal FGM.
PAROLE CHIAVE Diabete, Flash Glucose Monitoring, Educazione terapeutica, Regione Toscana.
Le città ingiuste. Determinanti sociali della salute e città
JAMD 2018;21(1):38-45
Gli elementi che determinano la posizione sociale ed economica, come istruzione, occupazione, reddito, etnia, genere, sono i determinanti più potenti della salute della popolazione nelle società moderne.
Sviluppo, industrializzazione, globalizzazione e urbanizzazione incidono sul destino di salute in base alla posizione sociale che si ha e al contesto in cui si vive e l’iniqua distribuzione di denaro, potere e risorse è causa ultima e strutturale delle attuali, crescenti, disuguaglianze in salute, con un gradiente sociale della salute presente in tutti i paesi del mondo e che riguarda tutti gli esseri umani, legato non solo a povertà o ricchezza ma a diseguaglianze di possibilità di essere, di fare, e di avere controllo sulla propria vita. Le città sono una lente che ingrandisce o diminuisce gli altri determinanti sociali della salute.
La rapida, non pianificata e ubiquitaria urbanizzazione crea stratificazione sociale e diventa essa stessa determinante strutturale di salute su un triplo fronte: malattie trasmissibili, malattie non trasmissibili (la nuova epidemia urbana) e ingiurie fisiche. Le città offrono sia l’ambiente migliore che il peggiore per la salute e il benessere: determinanti multipli convergono e influenze positive e negative tendono a raggrupparsi in base allo specifico quartiere o “luogo” all’interno della città, con una diseguale distribuzione di possibilità e consensuale diseguaglianza nella distribuzione di salute e aspettativa di vita.
Nelle megalopoli del sud del mondo come nelle città dei paesi più sviluppati – dove vive metà dell’umanità – ciò che maggiormente compromette la salute è l’esclusione, non solo la distanza da infrastrutture e servizi, dagli attributi della vita urbana privilegio della minoranza: voce politica, case adeguate, sicurezza e garanzie di legge, trasporti adeguati, cibo sano, lavoro e reddito dignitoso, accesso a beni e servizi e crediti, in sintesi tutto ciò che determina la piena cittadinanza.
Ma essendo i luoghi fatti dagli esseri umani, le impostazioni possono anche essere modificate, migliorate e trasformate e le città possono diventare un’opportunità per raggiungere equità nella salute e dare significato alle parole solidarietà, coesione sociale e giustizia.
PAROLE CHIAVE Determinati sociali, Determinanti di salute, Urbanizzazione, Diseguaglianze, Equità.
Slow smart city, riprendiamoci le nostre città a partire dal cibo
JAMD 2018;21(1):46-48
La modernità ha estromesso il rurale, il naturale dalle nostre vite. Il modello di produzione industriale ha in pratica fagocitato ogni aspetto della nostra vita, portando a una urbanizzazione che pone fuori dai confini cittadini il settore primario. Un processo che comincia con lo sviluppo delle prime città dominate per tutta l’epoca preindustriale dai cicli del raccolto: non solo il cibo era coltivato e allevato all’interno dello spazio cittadino, ma le strade, gli spazi pubblici erano l’unico luogo dove il cibo veniva venduto e comprato. Tutto cambia con l’industrializzazione e l’arrivo della ferrovia quando la città può crescere in ogni forma e direzione, non ha più vincoli geografici che limitavano crescita e accesso. Con le automobili giunge anche l’emancipazione totale della città da qualsiasi rapporto visibile con la natura. E alla nascita di alimentari che ci hanno reso dipendenti da modelli insostenibili e dannosi, per noi e il pianeta. Che cosa si può fare? Come invertire la rotta quindi? La risposta cerchiamola in un modello di città che riconquisti lo spazio rurale.
PAROLE CHIAVE Identità rurale, Urbanizzazione, Agricoltura urbana, Socialità.
La città “diabetogena”
JAMD 2018;21(1):49-56
Quando parliamo di prevenzione del diabete mellito, di fatto pensiamo ad un adeguato stile di vita per alimentazione e regolare attività fisica, aspetti che di fatto implicano una scelta ed impegno del singolo individuo. La letteratura scientifica – con ritmi certamente diversi da quelli che caratterizzano le novità farmacologiche – ci propone dati che mostrano un ruolo “diabetogeno” dell’inquinamento luminoso, del rumore del traffico stradale, delle alterazioni del ritmo sonno veglia, del disagio sociale. Tutti questi elementi sono sempre più presenti – in modo strutturale – nelle nostre città.
Nel pianificare strategie per prevenire il diabete sarà opportuno tenere conto di questi aspetti.
PAROLE CHIAVE Esposizione alla luce artificiale notturna, Rumore del traffico stradale, Esposizione a sostanze chimiche, Metalli pesanti, Capitale sociale.
Smart, health city, spazio pubblico e diabete
JAMD 2018;21(1):57-62
La prevenzione e la gestione delle Malattie Croniche non Trasmissibili (NCD) non può prescindere dalla qualità dello spazio di vita e non secondariamente dello spazio aperto, in particolare nei contesti urbani. Gli approfondimenti delle ricerche in diverse discipline possono essere tradotti in azioni che miglioreranno la salute a condizione di adottare un approccio olistico e transdisciplinare orientato alla salute e alla qualità percepita del vivere la città: dalla biologia alla medicina e assistenza socio-sanitaria, alla pianificazione dei trasporti, progettazione urbana, architettura del paesaggio, protezione dell’ambiente, progettazione degli spazi nella città e alla comunicazione multimediale.
Fondamentale è la condivisione della conoscenza nella prospettiva di modelli operativi per le città. Secondo tale indirizzo, l’articolo evidenzia le specificazioni del tema salute e città ormai consolidate, in prospettiva di benessere fisico, mentale e sociale, con particolare attenzione agli obiettivi della salute urbana per le NCD e il diabete, e alle iniziative che si prospettano a livello europeo e italiano.
Tema centrale è la città come luogo della prevenzione attraverso il miglioramento della camminabilità e della possibilità di effettuare esercizio fisico per diversi livelli di abilità connessi alla malattia cronica, individuando gli strumenti e processi per accrescere l’uso attivo dello spazio aperto urbano. Garantire confort, sicurezza, accessibilità – fisica e sociale – e usabilità – in base alle condizioni di salute fisica e psichica – degli spazi aperti richiede di ridefinire i criteri di progetto e le tecnologie per l’attrezzabilità, migliorare la gestione, sostenendo sia le amministrazioni che la capacità di inclusione sociale e innovazione delle comunità, dalle forme di partnership pubblico-privato ai patti per i beni comuni urbani.
PAROLE CHIAVE Città della salute, Spazio pubblico aperto, Attività fisica, Design di spazi e arredi.
Dall’Urban Health all’Urban Diabetes
JAMD 2018;21(1):63-71
Il numero delle persone che vivono nelle città è in crescita costante: ogni anno aumenta di circa 60 milioni, soprattutto nei Paesi a medio reddito. Cento anni fa solo due persone su dieci, nel mondo, vivevano nelle aree urbane; nel 2050 questo numero arriverà a sette su dieci. Le proiezioni demografiche mostrano che, nei prossimi 30 anni, la crescita globale avverrà virtualmente soltanto nelle aree cittadine; il trasferimento della popolazione verso le aree urbane si accompagna a cambiamenti sostanziali degli stili di vita rispetto al passato: cambiano le abitudini, cambia il modo di vivere, i lavori sono sempre più sedentari, l’attività fisica diminuisce. Emergono pertanto condizioni sociali e culturali che rappresentano un potente volano per obesità e diabete. I cambiamenti demografici in corso, l’urbanizzazione, l’adozione di stili di vita non salutari, l’invecchiamento della popolazione e l’isolamento sociale, ma anche il progressivo impoverimento della popolazione, si riflettono in un aumento costante della prevalenza di diabete che è una delle patologie croniche a più ampia diffusione nel mondo, in particolare nei Paesi industrializzati, e costituisce una delle più rilevanti e costose malattie della nostra epoca, per la tendenza a determinare complicanze sia acute che nel lungo periodo e per il progressivo spostamento dell’insorgenza verso età giovanili.
Nelle grandi città vivono oggi due terzi delle persone affette da diabete. Secondo i dati dell’IDF, nel mondo sono 246 milioni (65%), coloro che hanno ricevuto una diagnosi di Diabete di Tipo 2 e abitano nei centri urbani, rispetto ai 136 milioni delle aree rurali. Questo divario è destinato a crescere: nel 2040 si stima che circa il 75% delle persone con diabete vivrà nelle città: 347 milioni rispetto ai 147 milioni che abiteranno fuori dai grandi centri abitati. Anche in Italia l’Urban Diabetes (il diabete della popolazione che vive nelle città) è un problema emergente di sanità pubblica: nelle 14 Città Metropolitane risiedono il 36% della popolazione del Paese e circa 1,2 milioni di persone con diabete.
Dalla necessità di mettere in atto una strategia complessiva, finalizzata a costruire un’idea di città come “promotore della salute”, origina Cities Changing Diabetes©, un programma di partnership nato nel 2014 in Danimarca e promosso dall’University College of London (UK) e dallo Steno Diabetes Center (Danimarca) con il sostegno di Novo Nordisk. L’obiettivo è quello di creare un movimento unitario in grado di stimolare, a livello internazionale e nazionale, i decisori politici a considerare come prioritario il tema dell’Urban Diabetes. Il programma Cities Changing Diabetes® prevede tre momenti. Il primo è rappresentato dalla mappatura dei fattori sociali e culturali. Il secondo è quello della condivisione dei dati a livello internazionale, fra le varie città aderenti al programma, l’ultimo step è la parte dedicata all’azione. All’interno dell’indagine quantitativa su Roma Cities Changing Diabetes®, Medi-Pragma ha svolto un’indagine con l’obiettivo di analizzare la percezione dei cittadini residenti in diverse aree urbane in merito alla presenza di servizi rivolti alla cittadinanza. Dall’inchiesta emerge che il tema della salute è considerato il più importante da tutti gli intervistati, con una maggiore attribuzione di importanza nell’Hinterland romano rispetto alle altre province del Lazio. Secondo i dati ISTAT, nel 2015 la prevalenza del diabete nel Lazio era del 6,6%. Rispetto al 2000, la prevalenza è cresciuta dal 5,0% al 6,5% fra gli uomini e dal 4,2% al 6,8% nelle donne. Il Lazio è fra le regioni a più alta prevalenza di diabete, preceduto solo da Calabria e Campania.
A fronte di una prevalenza media nazionale del 5,4%, nel Lazio la prevalenza sale al 6,6%. L’obiettivo del programma Cities Changing Diabetes® è di condividere esperienze di paesi e città diverse per consentire uno scambio di esperienze e proporre azioni che possano avere effetto positivo sulla salute dei cittadini. Altrettanto importante appare l’identificazione e l’implementazione su larga scala di soluzioni per contrastare l’espansione del diabete di tipo 2 e dell’obesità nelle aree metropolitane: è questo l’obiettivo più importante che si prefigge il programma Cities Changing Diabetes®. A questo fine, è necessario studiare attentamente la vulnerabilità delle popolazioni come elemento per definire le azioni future.
PAROLE CHIAVE Urbanizzazione, Diabete, Obesità, Migrazione, Sedentarietà, Salute pubblica, Smart city, Condizioni sociali, Invecchiamento della popolazione, Cambiamenti demografici, Isolamento sociale, Cronicità, Promozione della salute.