Editoriale
Non lasciamo nessuno indietro
JAMD 2020;23(3):168-169
Research article
Insulina DEgludec nei pazienti con diabete di tipo 2 OSpedalizzati (IDEOS Study): quali effetti su controllo glicemico, variabilità glicemica e ipoglicemie
JAMD 2020;23(3):170-180
Le moderne linee guida suggeriscono il controllo dell’iperglicemia nei soggetti ricoverati attraverso la terapia insulinica ed il conseguimento di target glicemici individualizzati, evitando ipoglicemie che si associano a peggioramento degli “outcomes” e aumento della mortalità. Scarse sono le evidenze presenti in letteratura sull’utilizzo delle nuove insuline basali in ambiente ospedaliero.
OBIETTIVO DELLO STUDIO Documentare, in un contesto real-life, l’utilizzo dell’insulina degludec e i risultati in termini di compenso, variabilità glicemica e ipoglicemie in pazienti con diabete di tipo 2 ospedalizzati, rispetto ad una popolazione trattata con insuline tradizionali.
DISEGNO E METODI Studio osservazionale prospettico, in pazienti ricoverati in area internistica nella ASL 3 Genovese. Sono stati raccolti dati anagrafici e clinici, le glicemie capillari su 4 punti giornalieri e le ipoglicemie. In un gruppo di pazienti in terapia con insulina basale tradizionale non a target, è stato effettuato uno switch a insulina degludec.
RISULTATI Sono stati arruolati 65 pazienti (58.5% maschi), età 70.8±10.7 anni, BMI 27.7±4.4, HbA1c 8.4±1.3% (media+/-DS). Il 76.4 % dei pazienti presentava 3 o più comorbidità. Il 69.2% dei pazienti è stato trattato con schema basal-bolus, il 7.7% con schema basal-plus, il 16.9% con sola insulina basale. Nei 35 pazienti trattati con degludec si è ottenuta una significativa riduzione della glicemia capillare media tra il primo giorno del ricovero (o dell’avvio della terapia) e la dimissione in ogni fascia oraria: -36.6 mg/dl a digiuno (p<0.0001), -30 mg/dl pre-pranzo (p<0.005), -38.9 mg/dl pre-cena (p<0.001) e -37.3 mg/dl bedtime (p<0.001) e un numero minore di ipoglicemie (20% dei soggetti con almeno una ipoglicemia diurna, 0% notturna). Nei 30 pazienti in terapia con insulina glargine per tutto il periodo è emersa una riduzione significativa delle glicemie capillari solo nella fascia pre-pranzo (-43.8 mg/dl, p<0.001) e il 26% dei soggetti ha avuto almeno una ipoglicemia diurna e il 2% notturna. Nel gruppo in cui è stato effettuato lo switch a degludec si sono ridotte le glicemie capillari medie del digiuno (da 176.6±27.9 a 130.4±36.6 mg/dl) e del pre-cena (da 217.9±36.7 a 170.9±49.1 mg/dl), i pazienti a target al risveglio sono aumentati dal 10% al 65%, mentre la variabilità glicemica (espressa come media delle deviazioni standard delle glicemie capillari mattutine da 45.2 a 25.6) e le ipoglicemie sono diminuite (% di pazienti con almeno una ipoglicemia diurna dal 25% al 15%, con ipoglicemia notturna dal 5% allo 0%).
CONCLUSIONI L’utilizzo dell’insulina degludec nei pazienti ospedalizzati in area medica risulta efficace e sicuro, con miglior controllo glicemico in ogni fascia oraria, meno ipoglicemie e una ridotta variabilità glicemica.
PAROLE CHIAVE insuline basali; pazienti ospedalizzati; ipoglicemie; variabilità glicemica.
Review
Allattamento e diabete
JAMD 2020;23(3):181-189
L’allattamento al seno migliora lo stato di salute sia dei bambini che delle madri oltre a ridurre il rischio di infezioni neonatali.
In particolare l’allattamento migliora la tolleranza al glucosio nelle donne con e senza pregresso diabete gestazionale ed è associato a un ridotto rischio di sovrappeso o obesità nel corso della vita. I bambini allattati al seno crescono più fisiologicamente durante l’infanzia rispetto ai bambini allattati con latte artificiale e sembrano avere un rischio inferiore di sviluppare il diabete.
Nelle donne con diabete tipo 1 l’allattamento al seno è associato a una riduzione della variabilità del glucosio e del fabbisogno di insulina.
L’infezione da SARS-CoV-2 si è recentemente diffusa in Italia con importanti conseguenze sulla gestione della gravidanza, la salute della madre e del bambino e il contatto madre-figlio.
Fino ad oggi nessuna evidenza ha confermato la trasmissione verticale del SARS-CoV-2 dalla madre incinta infetta al feto. Tuttavia, è noto che una madre infetta può trasmettere il virus attraverso le goccioline respiratorie durante l’allattamento o il contatto stretto.
Pertanto, l’allattamento al seno esclusivo è raccomandato per almeno sei mesi dopo il parto nelle donne con e senza diabete, anche se con COVID-19 noto o sospetto.
Le madri con COVID-19 sospetto o confermato devono aderire alle precauzioni igieniche standard durante l’allattamento.
Va tenuto in considerazione che i seguenti suggerimenti potrebbero cambiare in futuro quando saranno acquisite ulteriori evidenze sull’infezione SARSCoV-2.
PAROLE CHIAVE allattamento; diabete; gravidanza; COVID-19.
Il paziente diabetico complesso con comorbidità cardiorenali: proposta di un modello gestionale
JAMD 2020;23(3):190-200
Il diabete è un disordine metabolico sempre più prevalente nella popolazione mondiale e rappresenta una delle patologie croniche a più elevato impatto socio-economico sui sistemi sanitari nazionali.
Nella prossima decade l’aumento dell’aspettativa di vita ed il conseguente invecchiamento della popolazione comporterà un incremento dell’incidenza del diabete e delle comorbidità ad esso associate. In particolare il diabete mellito è la principale causa di malattia renale cronica e si associa ad un significativo aumento del rischio cardiovascolare con l’incremento della complessità clinica e assistenziale. La gestione di tali pazienti dovrebbe prevedere un cambio di paradigma da un approccio reattivo “d’attesa” ad uno proattivo “d’azione” e l’integrazione dei servizi territoriali, ospedalieri e socio-assistenziali secondo il modello Chronic Care Model (CCM).
La presa in carico proattiva del paziente complesso affetto da patologie croniche e multimorbidità è stata progettata e realizzata all’interno dell’azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale e di alta specializzazione ARNAS Civico di Palermo con il progetto MUSE (Multidimensional aSsessment of Elderly). L’equilibrio tra assistenza ospedaliera e territoriale costituisce uno degli obiettivi prioritari di politica sanitaria verso cui i sistemi sanitari sono indirizzati. L’ospedale va quindi concepito come uno snodo di alta specializzazione del sistema di cure per la cronicità, che interagisca con la specialistica ambulatoriale e con l’assistenza primaria, attraverso nuove formule organizzative che prevedano la creazione di reti multispecialistiche dedicate e “dimissioni assistite” nel territorio, finalizzate a ridurre il drop-out dalla rete assistenziale, causa frequente di riospedalizzazione a breve termine e di outcomes negativi nei pazienti con cronicità.
L’obiettivo della rassegna è quello di rivedere l’argomento alla luce delle più recenti evidenze e di proporre un modello organizzativo gestionale per il paziente diabetico complesso con comorbidità cardio-renale anche in considerazione del cambiamento causato dalla pandemia di SARS-CoV-2 con una proposta di modello di gestione ospedaliera multidimensionale.
PAROLE CHIAVE diabete mellito tipo2; comorbidità; modelli gestionali; complessità clinica; sindrome cardio-renale.
Survey
La Survey on line ‘Diabete e Fumo’: risultati e commenti
JAMD 2020;23(3):201-209
Il fumo di sigaretta nel soggetto diabetico amplifica il rischio di complicanze micro e macrovascolari della malattia ed è implicato nel deterioramento sia della funzione beta-cellulare che della sensibilità insulinica.
Nel moderno approccio alla gestione del rischio cardiovascolare globale del paziente diabetico il fumo meriterebbe un’attenzione pari a quella riservata agli altri fattori (glicemia, pressione arteriosa e colesterolo). La prevalenza di soggetti fumatori secondo gli Annali AMD 2020 è 16,9% tra gli affetti da diabete tipo 2 e 25,9% tra gli affetti da diabete tipo 1. Tali percentuali piuttosto elevate ed in linea con i dati della popolazione generale, suggeriscono la necessità di un impegno maggiore e più efficace del Team diabetologico nella disincentivazione del tabagismo tra i propri assistiti. La Survey ‘Diabete e fumo’ è stata progettata dal Gruppo di Lavoro AMD-SID Lazio ‘Diabete e dipendenze’ allo scopo di analizzare la percezione che i diabetologi hanno del fumo, esplorare le loro conoscenze specifiche sul trattamento del tabagismo, evidenziare gli interventi da loro adottati per disincentivare il tabagismo ed individuare le criticità incontrate al riguardo nella pratica clinica. La Survey ha dimostrato innanzitutto la necessità di sensibilizzare i diabetologi al tema del tabagismo: non tutti ritengono che il fumo crei dipendenza e non tutti lo indagano adeguatamente in anamnesi registrando anche il dato in cartella. La Survey ha inoltre individuato specifici bisogni formativi sulla gestione della dipendenza dal fumo di sigaretta: i diabetologi conoscono poco i farmaci per il trattamento del tabagismo, hanno falsi convincimenti a proposito dei nuovi dispositivi per fumare (sigarette elettroniche e tabacco riscaldato) e sono poco/per niente in contatto con i Centri Anti-fumo. La strategia di intervento preferita dai diabetologi è informare i pazienti sui danni fumo-correlati, approccio di dimostrata scarsa efficacia (non bastano le conoscenze a cambiare i comportamenti). La figura professionale dello psicologo è poco presente all’interno del Team, ma comunque i Servizi di diabetologia che ne dispongono non la coinvolgono nell’ambito della gestione del tabagismo. La Survey ha infine evidenziato che il principale ostacolo percepito dai diabetologi nella ‘lotta al fumo’ è la mancanza di un percorso strutturato da proporre ai pazienti. Il Gruppo di Lavoro ‘Diabete e Dipendenze’ si pone come proprio obiettivo quello di colmare il gap attualmente esistente tra assistenza diabetologica globale (intesa come controllo e miglioramento di ogni fattore di rischio micro e macrovascolare) e trattamento del tabagismo.
PAROLE CHIAVE dipendenza; disassuefazione; minimal advise; centri anti-fumo; percorso strutturato.
Simposio
Zucchero: nuoce gravemente alla salute?
JAMD 2020;23(3):210-220
Gli zuccheri sono indispensabili per la vita perché rappresentano la principale fonte di energia per gli esseri viventi. Dal secondo dopo guerra per molteplici motivi il loro consumo ha avuto un incremento continuo e progressivo. Questa tendenza – specialmente per quanto riguarda l’uso sempre più significativo di zuccheri “liberi” nelle bevande – può rappresentare un serio rischio per la salute, in particolare per lo sviluppo di malattie cardiovascolari, obesità, cirrosi epatica, demenza e diabete mellito sia di tipo 1 che 2. Il WHO raccomanda fortemente la riduzione dell’assunzione di zuccheri liberi, auspicandone una riduzione a valori <5% dell’introito calorico giornaliero, ed interventi di politica sanitaria possono aiutare a raggiungere tale obiettivo, modificando la tendenza ad un uso libero e incontrollato degli zuccheri.
PAROLE CHIAVE zucchero; salute; diabete; bevande zuccherate; rischio cardiovascolare.
Disuguali nel diabete: il ruolo delle politiche
JAMD 2020;23(3):221-223
Una tassa per la salute: esperienze internazionali
JAMD 2020;23(3):224-228
L’obesità, il diabete tipo 2 e le loro complicanze stanno costantemente aumentando nel mondo, sia nei paesi sviluppati, sia nei paesi in via di sviluppo. Il contributo del consumo di bevande zuccherate all’incremento significativo di queste patologie ha portato molti paesi nel mondo ad introdurre una “sugar tax”, ovvero una tassa sul contenuto di zucchero nelle bevande, in modo da ridurre il consumo di queste bibite da parte della popolazione. Questo articolo analizzerà gli esempi più significativi di sugar tax nel mondo e il loro impatto sulle vendite e consumo delle bevande e sull’incidenza e prevalenza delle malattie metaboliche correlate. “sugar tax”, “obesità”, “diabete tipo 2”, “bevande zuccherate”.
PAROLE CHIAVE obesità; sugar tax; diabete tipo 2; bevande zuccherate.
Sugar addiction: come disassuefarsi
JAMD 2020;23(3):231-236
Il consumo di zucchero attiva il sistema mesocorticolimbico in modo molto simile all’abuso di sostanze. Ma se inizialmente tutte le dipendenze partono da una sensazione di piacere, come nel caso dei cibi altamente appetibili e delle diete ricche di zuccheri, allora perché devo abbandonare qualcosa che mi fa star bene? E poi perché si continua ad abusarne pur sapendo delle conseguenze negative?
Ci sono varie metodologie per affrontare le diverse dipendenze. Il problema però con la dipendenza da zucchero, o ancora più in generale con la dipendenza dal cibo, è che manca la consapevolezza che il rapporto con il cibo possa essere in alcuni casi una dipendenza, così come mancano gli strumenti per identificare la figura professionale più adatta per aiutarci a gestire la situazione quando ne abbiamo bisogno. Pertanto, l’approccio al problema deve essere multidisciplinare. Viene proposta una metodologia basata su tre elementi fondamentali: 1. Formare il paziente sulla sua dipendenza, fornendo informazioni obiettive e scientifiche; 2. Fornire al paziente gli strumenti, cioè il ‘know-how’, 3. Prevenire le ricadute.
Le testimonianze di pazienti riferiscono di aver imparato a gestire le loro esigenze emotive senza fuggire, a osservare i loro pensieri riconoscendo le loro distorsioni, a identificare cosa scatenasse il loro desiderio spasmodico di cibo e capire a fondo i loro comportamenti, a relazionarsi meglio con loro stessi e gli altri, condividendo anche emozioni dolorose del loro percorso.
PAROLE CHIAVE dipendenza da zucchero; dipendenza dal cibo; consapevolezza; trattamento della dipendenza; team multidisciplinare.
Attività dei gruppi
Stress e burnout ai tempi del Covid 19
Stress and burnout in the time of Covid 19
JAMD 2020;23(3):237-239
Il Progetto InsideMe Diabete
“InsideMe Diabete” Project
JAMD 2020;23(3):240-241
La pandemia ha solo accentuato le diseguaglianze… Spunti per riflettere
The pandemic has only accentuated inequa¬lities… Ideas for reflection
JAMD 2020;23(3):242-245
Le news di AMD
Newsletter Annali AMD n. 30
AMD Annals Newsletter n. 30
JAMD 2020;23(3):246-248